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Il libro

Scandalo SEL, “Stein an Stein”, truffa, estorsione: tutto nell’interesse pubblico? Il caso della società elettrica provinciale SEL è una vera e propria lezione di politica altoatesina. Il giornalista Christoph Franceschini rivela le manovre sospette dietro alla presunta buona intenzione della “riconquista dell’energia”: documenti di gara manipolati, concorrenti ricattati, consiglieri amministrativi ingannati, partecipazioni nascoste dietro società fiduciarie, affari intesi a creare un vantaggio economico per gli interessati. Non è più un caso isolato: è un sistema.

Alcuni protagonisti della faccenda sono stati condannati, ma per capire davvero quanto fosse profonda la palude della corruzione ci è voluto questo libro. Dopo avere visionato centinaia di pagine di atti giudiziari e materiale probante e dopo anni di ricerche e interviste con gli interessati, l’autore è finalmente in grado di svelare tutta la verità: l’Alto Adige è un self-service.

Biografia dell’autore

Christoph Franceschini, nato ad Appiano nel 1964, è giornalista, autore e documentarista. Ha studiato Storia, Filosofia e Scienze politiche presso l’Università di Innsbruck. Ha lavorato per Rai Sender Bozen, per i settimanali FF e südtirol profil e dal 1996 al 2013 come redattore di politica per il quotidiano Neue Südtiroler Tageszeitung. Per il documentario TV in sei parti “Bombenjahre” dedicato alla storia degli attentati in Alto Adige ha ricevuto nel 2005 il premio Claus Gatterer.

Silvia Fabbi, nata a Vicenza nel 1983, è giornalista, autrice e traduttrice. Ha studiato Lettere classiche all’Università di Padova. I primi passi nel mondo del giornalismo li ha mossi in Germania, nelle redazioni dei quotidiani Lübecker Nachrichten di Lubecca e Neue Presse di Hannover. Dal 2010 vive a Bolzano, dove lavora per il Corriere dell’Alto Adige. Nel 2014 ha pubblicato il suo primo libro, “Fratelli di cordata”.

© Edition Raetia 2015

Progetto grafico: Dall’O & Freunde, Bolzano

ISBN E-Book: 978-88-7283-543-2

www.raetia.com

Indice

Prefazione di Enrico Franco

Premessa: un ritratto simbolico dell’Alto Adige

La prima pietra

L’articolo

La reazione

SEnza Limiti

I due protagonisti

La “riconquista” dell’energia

Onnipotenza e protagonismo

L’officiante

Pubblicità come arma

Affari privati

Primo tentativo a Milano

La centrale di Rainer

Fiduciante Maximilian

Il guastafeste

Il self-made man

Tentativo sulla Rienza

Interesse romano

Lo scambio di Pasqua

Brindisi in piazza Mazzini

La modifica pianificata

L’assistenza non ortodossa di Laimer

Operazione Venerdì Santo

La nota ufficiale

Persone senza carattere

La guerra per l’energia in Venosta

La denuncia della segretaria

Attacco a Noggler

Comuni doppiamente gabbati

Guerra per l’Isarco

Concorrenza inaspettata

Quattro piccole centrali

Ventata viennese

Il perito scomodo

La compagna di studi di Rainer

Il sopralluogo di Stocker

Consiglio di amministrazione ingannato

Pranzo da Sacher

Finanziatori altoatesini

Sistema procura speciale

Il fratello del presidente

Collaborazione dal Tirolo dell’Est

Presidenti attivi

La calligrafia di Rainer

Incidente in giunta

Il piano B

La nota di Durnwalder

Salvataggio normativo

La prova regina

L’estorsione

Il vincitore sbagliato

Cava a Braies

Quattro incontri

Il contrattacco

Parentesi & punto e virgola

Segreto d’ufficio violato

Seduta turbolenta

L’Argumentarium

Copiato pari pari

Il comune sbagliato

Le indagini

La perquisizione

La breccia

Rivelazioni verdi

La favola dell’interesse pubblico

Rolling Stones

La farsa della trasparenza

L’uomo del rinnovamento

Partecipazione nascosta

Potere femminile

La figlia della senatrice

Il fedele Hans

Nella cantina del sindaco

Denaro verso Verona

Nessun reato

La falciatrice di Berger

Giornalisti cattivi

La cultura altoatesina dei tagliatori di teste

Incontro al Kaiserkron

Durnwalder a Mezzaselva

Il castello di carte crolla

Riabilitazione orchestrata

Volkspartei in imbarazzo

La mossa di Rispoli

L’ultimo scontro

Contadini raggirati

La lettera dei contadini

L’oste del passo

La testa di legno di Potsdam

Tre uomini e una cava

Seppellimento silenzioso

Progetto Kajoma

Il coniglio dal cilindro

La e-mail

Firma sospetta

Fine di una causa di lavoro

Timing perfetto

Il proiettile inesploso in canna

Attacco ai funzionari

Registrazione segreta

Richiesta ipocrita

Una scomoda direttrice di ripartizione

L’esplosione nucleare

941 pagine in più

Dimissioni a rate

La tortura del serrapollici

Il tango di Rio Pusteria

L’attacco di Durnwalder

Ghiaia costosa

A caccia di cimici

Telefonate notturne

Frequenza 443,935 MHz

Palazzo Widmann

Fatturazione delicata

Un bilancio provvisorio

Il rito abbreviato

Seguito imbarazzante

L’impervia via giudiziaria

Un affare di famiglia di Silvia Fabbi

Appendice

Nota editoriale

Ringraziamenti

Cronologia

Prefazione

di Enrico Franco

Quando nel 2003 stavo preparando il lancio del Corriere dell’Alto Adige, avevo una sola certezza: per nessuna ragione avrei fatto un “giornale degli italiani”, secondo una formula che all’epoca era ancora in voga. Il vulnus più grave e pericoloso per una matura convivenza tra i vari gruppi linguistici, infatti, a mio giudizio era la presenza di due narrazioni distinte – e quasi sempre distanti – delle vicende locali: c’erano i media “italiani”, da una parte, e i media “tedeschi”, dall’altra, oltre ovviamente a quelli ladini, preziosi ma dal raggio d’azione circoscritto. Nel mondo del business pubblico e privato, ciò si rifletteva nel fatto che importanti realtà economiche venissero trascurate se non praticamente ignorate dall’informazione italiana. Disinteresse perlopiù ricambiato, tant’è che spesso notizie e bilanci erano redatti solo in tedesco e magari non inviati a tutte le redazioni.

Una simile separatezza mi sembrava fosse poi responsabile della sottovalutazione di un determinante nodo politico: mentre in Italia la Democrazia cristiana era stata spazzata via, in Alto Adige/Südtirol c’era ancora un partito – ossia il Partito, come molti definivano l’Svp – che certo non risultava inquinato come lo era lo Scudocrociato degli ultimi anni, ma coltivava comunque analoghi metodi e vizi. La contrapposizione/separazione etnica, cioè, faceva perdere di vista il fatto che la Provincia fosse dominata da un sistema di potere, non di rado opaco, deciso a ostacolare chiunque non ne accettasse la volontà e le “regole”. Ci si lamentava che un italiano potesse al massimo essere il “vice” del capo tedesco, senza accorgersi che un sudtirolese doc senza tessera o amicizie Volkspartei era destinato all’irrilevanza se non all’ostracismo.

Chiedo scusa per la premessa che può apparire autoreferenziale, ma mi pare sia indispensabile per comprendere quanto io ritenga importante la pubblicazione in versione italiana del libro-inchiesta di Christoph Franceschini SELfservice. Ein Südtiroler Skandal, uscito l’anno scorso sempre per le edizioni Raetia. Il “caso SEL”, come oggi è evidente, non è una questione interna al mondo “tedesco” ed è importante che tutti i cittadini possano leggere la ricostruzione dello scandalo fatta dal giornalista che lo ha portato e tenuto a galla. Il Corriere dell’Alto Adige ha scritto molto al riguardo e anche con qualche primizia, ma devo riconoscere che la tenacia di Franceschini e lo spazio assicurato dalla Neue Südtiroler Tageszeitung sono stati fondamentali per garantire un’informazione piena sulla partita truccata dell’energia altoatesina. Di più: è stato grazie ai loro primi scoop che abbiamo capito, forse all’inizio con un lieve ritardo, quanto il tema fosse rilevante e quanto dovessimo impegnarci per ampliare ulteriormente il nostro bagaglio di fonti all’interno del gruppo linguistico sudtirolese.

Anche chi ha seguito le cronache quotidiane del “caso SEL” credo rimarrà colpito dal libro che avete in mano. Quand’anche non si fosse perso neppure un tassello, leggere l’intero puzzle in un colpo solo dà l’esatta dimensione di cosa tale scandalo abbia rappresentato per l’Alto Adige/Südtirol. Giustamente, Franceschini inizia il documentato racconto con un’immagine tratta dal congresso Svp del maggio 2014, ossia con gli applausi dei mille delegati ai due uomini nuovi del partito: il giovane Philipp Achammer appena eletto Obmann e un altro giovane, il fresco Landeshauptmann Arno Kompatscher. Perché l’“inchiesta SEL” è andata oltre la cronaca giudiziaria, mettendo inevitabilmente a nudo la malattia latente che indeboliva e in parte indebolisce tuttora la società locale. Mi riferisco alla scarsa attenzione al conflitto di interessi, all’idea che il presunto “bene comune” sia sopra tutto, all’accettazione supina del paternalismo di chi detiene il potere. Per decenni, la fila di persone all’alba, a Palazzo Widmann, davanti alla porta di Luis Durnwalder per chiedere un aiuto, una spiegazione, un consiglio o un favore è stata considerata la prova della vicinanza del presidente della giunta provinciale al popolo; quando scrivevo che certe scene ricordavano l’era feudale e che in una democrazia evoluta i cittadini si rivolgono agli uffici, non al politico, molti storcevano il naso: “Uffa, lasciamo perdere gli inutili formalismi; lui è uno di noi e ci dà una mano.”

È invece proprio in tale brodo di coltura che è maturato il cancro SEL. La confusione tra controllore e controllato, tra chi delibera le concessioni e chi le utilizza, ha prodotto la commistione tra interesse pubblico (vero o presunto) e quello privato. Poi, certo, c’è chi non si rendeva conto, e in qualche modo era in buonafede, e chi ci ha sguazzato, e ha agito con arroganza; ma a prescindere dai verdetti giudiziari, lo scandalo ha smantellato l’innocenza autonomistica e ha dimostrato come il rispetto rigido delle norme e dei principi sia la base di una comunità sana.

Intendiamoci: è sempre sbagliato passare da un eccesso all’altro. L’Alto Adige/Südtirol nel complesso è stato ben governato: altre autonomie, anche godendo di maggiori risorse, hanno originato malaffare e cattiva amministrazione in lungo e in largo. Solo che, tornando a noi, quando si chiudono gli occhi davanti ai peccati più o meno veniali, prima o poi qualcuno ne approfitta a man bassa.

Il libro di Franceschini – caratterizzato da una scrittura asciutta ma accattivante, secondo il miglior stile del giornalismo d’inchiesta che fa scivolare una pagina dopo l’altra con profonda leggerezza – ha il merito di ripercorrere puntualmente non solo l’aspetto giudiziario dello scandalo SEL, ma di far emergere i rapporti di contiguità e la rete di amicizie che talvolta si trasformano in complicità. Leggendolo, si capisce perché Arno Kompatscher oggi dichiari con orgoglio di voler fare la colazione di buon mattino con la famiglia, di ricevere solo su appuntamento e di lasciare agli uffici il disbrigo delle pratiche burocratiche dei cittadini. Nel Palazzo, insomma, l’energia ha portato una luce nuova.

Premessa: un ritratto simbolico dell’Alto Adige

Il quadro simboleggia l’inizio di una nuova era. Sul palco del Kursaal di Merano due giovani uomini stanno in piedi uno accanto all’altro. Gli applausi degli oltre mille delegati sono tutti per loro.

Da pochi minuti il ventottenne Philipp Achammer è stato eletto Obmann della Svp con una schiacciante maggioranza: ha ottenuto il 94,43 % dei consensi. Il 3 maggio 2014 la Volkspartei ha così conferito la carica di Obmann al più giovane esponente che abbia ricoperto questo ruolo nella lunga storia del partito.

Ma accanto ad Achammer sta la vera star della giornata, Arno Kompatscher. Sono trascorsi appena cinque mesi da quando Kompatscher, a quarantadue anni, è stato eletto nuovo Landeshauptmann. Anche nel suo caso si tratta della persona più giovane che abbia mai assunto la guida della Provincia. Con 81.107 consensi incassati alle elezioni provinciali del 27 ottobre 2013 l’allora sindaco di Fiè allo Sciliar ha ottenuto un travolgente successo personale. Il suo trionfo ha salvato la Volkspartei da una storica débâcle elettorale.

Arno Kompatscher e Philipp Achammer sono i volti di un cambiamento politico epocale. Incarnano un cambiamento assolutamente imprevisto sia nella forma che nel contenuto. Perché questo sabato mattina a Merano, fra i delegati che applaudono freneticamente nella platea del Kursaal, almeno tre dozzine hanno fatto di tutto perché Kompatscher e Achammer non arrivassero mai dove si trovano oggi. Anche se ora molti di loro ostentano un appoggio incondizionato a Kompatscher, fra il 2011 e il 2013 in tanti avevano elaborato progetti personali, accordi politici e precisi piani di battaglia su come spartirsi i vuoti nell’era post Durnwalder. Con l’uscita dalle scene di quest’ultimo, molti dei suoi fedelissimi avevano visto finalmente arrivare il proprio turno. In molti non vedevano l’ora di prendere il posto del loro padre politico, che in Alto Adige aveva dettato ininterrottamente la linea per ben venticinque anni.

Il territorio provinciale è infatti storicamente suddiviso in cordate politiche e comitati d’affari che si danno da fare per consolidare il proprio potere e per ampliarlo il più possibile. C’è solo una cosa che questi gruppi d’interesse temono come il diavolo teme l’acqua santa: la parola “rinnovamento”.

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Luis Durnwalder e Arno Kompatscher: una svolta politica

Perché il rinnovamento politico sconvolge in modo permanente gli equilibri esistenti. Un sistema perfettamente strutturato e oliato deve ora fare i conti con nuove variabili. Variabili sconosciute, e perciò imprevedibili. Sia in politica che negli affari, simili incertezze non sono le benvenute.

Perciò, per succedere a Durnwalder, viene inizialmente scelta una persona che all’apparenza può essere spacciata come nuova, ma che dal punto di vista del contenuto rappresenta la garanzia che tutto proseguirà come nel decennio precedente. Questa persona è Richard Theiner. L’assessore provinciale venostano, politicamente tutt’altro che un peso massimo, ha superato in questo senso il battesimo del fuoco negli anni in cui ha ricoperto il ruolo di Obmann della Svp. Theiner può brillare tranquillamente sotto la luce dei riflettori, mentre dietro le quinte altri tirano le fila e curano i propri affari privati. Proprio questo modello ora lo si vuole traghettare nella giunta provinciale.

Kompatscher personifica l’autentico e temuto rinnovamento. I succitati gruppi di potere le provano tutte pur di evitare l’ascesa politica del giovane sindaco. Philipp Achammer invece non sembra occupare minimamente i loro pensieri.

Il piano probabilmente sarebbe riuscito, se solo non fosse scoppiato uno scandalo che ha scompaginato completamente la trama politica così ben predeterminata: l’affaire SEL. L’emergere del caso di maggiore scalpore nell’Alto Adige del secondo dopoguerra cambia le coordinate del sistema sociopolitico dentro e fuori la Volkspartei. È solo questo caso giudiziario a rendere possibile il cambiamento politico fra le mura di Palazzo Widmann.

Lo scandalo SEL è in realtà un conglomerato di diversi scandali. Al centro c’è la più grande truffa mai divenuta di dominio pubblico nella storia dell’Alto Adige dalla fine della Seconda guerra mondiale: parliamo dei maneggi sull’assegnazione di una dozzina di concessioni per le grandi centrali idroelettriche provinciali. Le cifre di cui si parla danno un’idea dell’enormità della posta in gioco: oltre un miliardo di euro.

All’origine di tutto vi è il fatto di aver lavorato politicamente per conferire alla Provincia il duplice e contemporaneo ruolo di giudice e di concorrente nell’ambito delle gare per la spartizione del mercato idroelettrico altoatesino. Anche solo analizzando ex ante i legami personali e le dipendenze reciproche esistenti fra giunta provinciale e SEL – in primis il semplice fatto che SEL è una società che appartiene nella sua quasi totalità alla Provincia – si sarebbe dovuto capire immediatamente che con tali premesse una gara corretta non avrebbe mai potuto aver luogo. Chi però in Alto Adige ha provato a segnalare per tempo la cosa è stato additato come facinoroso.

Il risultato di questo atteggiamento è oggi sotto gli occhi di tutti.

L’altro filo rosso dello scandalo SEL sono i maneggi relativi alla piccola centrale idroelettrica di Mezzaselva della Stein an Stein Italia Srl. Si tratta del tentativo di pubblici amministratori di procurarsi con l’inganno un guadagno personale. Questo libro non riferisce soltanto di queste vicende ma dimostra, con il supporto di documenti dettagliati e testimonianze dei protagonisti, che esse rappresentano solo la punta dell’iceberg e che altre operazioni analoghe sono state condotte nell’ambito di SEL.

Di questo scandalo fanno parte anche le indagini relative alle società fiduciarie, all’interno delle quali figuravano i principali attori della politica provinciale. Completano il quadro i tentativi del Palazzo di spazzare via la concorrenza privata dal settore energetico attraverso il ricatto e la sottrazione degli strumenti finanziari, nonché di mettere in ginocchio le società energetiche comunali attraverso pressioni politiche. Fanno però parte di questa strategia anche la sistematica e progressiva limitazione del controllo da parte dell’opposizione e del consiglio provinciale, e lo spreco di denaro pubblico per operazioni di mistificazione politica. In questa partita hanno avuto un ruolo direttori, presidenti, consiglieri e veri o presunti addetti ai lavori, nel cui vocabolario sembra mancare completamente la parola “conflitto d’interessi”. Incarichi pubblici e interessi privati sono stati regolarmente intrecciati. Da un lato si incassavano onorari milionari per incarichi di SEL, dall’altro si curavano interessi privati in qualità di commercialista o avvocato. Si teneva allegramente e senza remore contemporaneamente il piede in due scarpe. Denominatore comune di tutte queste vicende è l’assenza di vergogna con cui i protagonisti agivano. Alcuni amministratori pubblici erano così sicuri nel portare a compimento i propri inganni e reati da mostrare un’arroganza e una sovrastima di sé riscontrabili solo nella criminalità organizzata.

Oltre ai reati commessi dai singoli, all’infrazione delle leggi e all’aggiramento dei principi di legalità dello Stato c’è una concreta responsabilità politica: il “sistema Durnwalder”. Due parole che negli ultimi tempi sono divenute per molti sinonimo di tutto ciò che in Alto Adige è andato storto. Ed è anche la spiegazione più diffusa per lo scandalo SEL.

Lo stile politico di Luis Durnwalder non ha bisogno di essere qui descritto. Una cosa è certa: Durnwalder ha la responsabilità politica anche per quanto è avvenuto fra il 1998 e il 2013 nel settore dell’energia in Alto Adige. In quegli anni è stato il Landeshauptmann a decidere la politica energetica. L’assessore formalmente titolare della delega, Michl Laimer, è stato solo un esecutore.

Durnwalder è stato il politico che ha gestito le trattative con i colossi italiani dell’energia. È stato colui che ha fatto di tutto per tenere lontani i privati dal mercato energetico. È sempre lui che non ha voluto spartire con i comuni – in primis quelli venostani – la torta dell’energia. Per farlo ha collocato fin dall’inizio persone di sua fiducia nelle posizioni chiave della nuova società energetica.

Oggi si sa che in tutte le decisioni importanti Durnwalder ha sempre avuto accanto un suggeritore che gli ha indicato la via con testardaggine e determinazione: Maximilian Rainer. Il direttore generale di SEL ha dato forma, per oltre un decennio, alla politica energetica altoatesina, e lo ha fatto in modo molto più decisivo di quanto non abbiano potuto fare il consiglio provinciale, la giunta e la direzione della Svp messi insieme.

Tuttavia il “sistema Durnwalder” non è sufficiente a spiegare lo scandalo SEL. È un’occasione ghiotta quella di scaricare la responsabilità su un’unica persona, come se nessun altro avesse saputo, visto o immaginato.

Certo: due dei protagonisti dello scandalo SEL, Franz Pircher e Klaus Stocker, sono amici intimi di Durnwalder. Stocker, nel ruolo di presidente di SEL, copia lo stile del Landeshauptmann. Ma ancora oggi una cosa si continua consapevolmente a tacere: sia Stocker che Pircher ricoprirono per anni il ruolo di Obmann di una circoscrizione della Svp. Non è stato Durnwalder a dare loro quel ruolo al vertice del partito, bensì il voto di dozzine di funzionari e gruppi locali della Stella alpina.

È stata la Svp a farsi più volte “illuminare” da Rainer sulla politica energetica, e sono stati i funzionari di partito e le assemblee della Volkspartei ad approvare diligentemente ogni decisione che SEL partorisse. Membri della direzione Svp, parlamentari dell’epoca e sindaci hanno occupato un posto nella direzione della società energetica provinciale e delle sue società affiliate. Il leader dell’ala economica della Svp è contemporaneamente consulente e avvocato di SEL, Laimer & Co. in unione personale.

Quasi nessuno nella Stella alpina ha osato sottrarsi alla marcia trionfale con cui per anni si è celebrata la “riconquista dell’energia”. Bisognava tenere il passo. Chi andava controcorrente, nel vero senso della parola, veniva isolato e guardato con sospetto.

Nell’aprile 2012, tre giorni prima che Laimer fosse costretto definitivamente a dimettersi da assessore, il consiglio ha discusso una mozione di sfiducia nei suoi confronti. L’intero gruppo Svp ha espresso la propria solidarietà all’assessore, che nell’ambito delle indagini in corso era già accusato di reati gravissimi.

Luis Durnwalder aveva certamente una voce potente, ma ne aveva una sola. Lo si dimentica troppo spesso.

In questo senso lo scandalo SEL è un ritratto altamente simbolico dell’Alto Adige. È la diretta conseguenza di un sistema politico nel quale un partito governa in modo assolutista da quasi sei decenni. Una situazione nella quale si è creata un’arroganza al potere che non conosce confini né pudori. SEL è stata per anni un negozio self-service per un gruppo d’interesse ben definito. L’emersione dello scandalo ha fatto bene all’Alto Adige. L’immagine assurda di un paradiso in cui tutto va meglio rispetto a Roma e al resto del mondo è stata finalmente smontata. La giustizia locale, considerata per decenni il lungo braccio dello Stato e in seguito complice compiacente della politica provinciale, con questa indagine e con la rivelazione dello scandalo ha riconquistato quell’indipendenza che contraddistingue un sistema giudiziario sano ed efficace.

Ancora oggi rimangono in Alto Adige fin troppi settori in cui simili maneggi sono all’ordine del giorno. Tuttavia la sicumera dei truffatori in gessato è scomparsa. Il precipitare rapido e doloroso di alcune stelle fisse del firmamento politico altoatesino ha impressionato molti. Profondamente e in modo duraturo.

Ma soprattutto, il fallimento delle manovre illecite ha portato nella politica altoatesina quell’aria fresca di cui da tempo si sentiva il bisogno.

La prima pietra

“Stai attento a ciò che scrivi. Ho buoni avvocati.”

Maximilian Rainer, direttore generale di SEL (ottobre 2009)

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Maximilian Rainer

Non è una casualità né un vezzo, bensì una strategia consapevole. Maximilian Rainer arriva sempre in ritardo. Il direttore generale di SEL, società energetica della Provincia di Bolzano, fa attendere tutti coloro con cui ha a che fare. Incontri ufficiali, riunioni o trattative: Rainer è sempre l’ultimo a comparire.

Con questo comportamento non vuole solo segnalare di avere cose più importanti di cui occuparsi. Di base è convinto che l’altrui attesa metta in chiaro i reciproci rapporti di forza. Il direttore di SEL dimostra con l’arroganza dell’orologio che ticchetta chi sta al timone. Perciò non mi sorprende affatto che anche questa mattina – siamo a ottobre del 2009 – Rainer si faccia attendere. L’appuntamento non è fissato nel suo ufficio ma nella grande sala riunioni della sede di SEL.

Gli avevo telefonato pochi giorni prima chiedendogli un appuntamento. Si tratta di una scottante ricerca per un articolo che riguarda anche lui. Alla sua richiesta in merito, devo precisare meglio i contorni dell’intervista che gli andrò a fare. “Riguarda una piccola centrale idroelettrica a Mezzaselva” avevo chiarito al telefono.

Il nome “Stein an Stein”, che tre anni più tardi diventerà in Alto Adige sinonimo di uno scandalo politico, è noto in quel momento a neanche una dozzina di persone. Persino io avevo sentito per la prima volta questo nome solo sei mesi prima.

Ad attirare la mia attenzione sull’argomento era stato l’avvocato Anton von Walther. Nella primavera del 2009 mi aveva esposto in breve quanto aveva scoperto fino a quel momento: una società viennese di posa piastrelle e pietre che si chiama Stein an Stein GmbH, di una certa Petra Windt, aveva acquistato una piccola centrale a Mezzaselva nel comune di Fortezza. La nuova proprietaria pareva fermamente determinata a ottenere l’ampliamento dell’impianto.

Petra Anna Windt ha studiato all’Università Agraria (Universität für Bodenkultur, abbreviata Boku) di Vienna, esattamente come Maximilian Rainer. Entrambi si sono laureati nel 1988 in Agronomia ed Economia idrica. “Non credo che sia un caso” mi aveva detto von Walther accendendo così la mia curiosità giornalistica.

Anche l’interesse dell’avvocato alla vicenda non era casuale. Von Walther, che ha svolto la pratica in uno studio bolzanino, ha lavorato in seguito per anni nell’ufficio legale della Provincia, prima di aprire un proprio studio. L’avvocato è noto per essere fra i maggiori esperti locali di diritto amministrativo e fra i suoi clienti figura la Eisackwerk Srl dell’imprenditore bolzanino Hellmuth Frasnelli, che nel 2005 era stato l’unico privato a partecipare alla gara per l’assegnazione delle grandi centrali idroelettriche altoatesine. Eisackwerk Srl aveva inoltre presentato un progetto alternativo a quello di SEL per la grande centrale idroelettrica che avrebbe dovuto sorgere sul fiume Isarco, presso Fortezza.

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Copertina della Tageszeitung e prima pagina dell’articolo (22.10.2009): l’inizio di uno scandalo

Poiché nel raggio d’azione di questa grande centrale esistono quattro piccole centraline che – secondo quanto previsto dalla normativa – dovrebbero ricevere un indennizzo o acquisire una quota di partecipazione al progetto principale, Anton von Walther su richiesta del proprio cliente si stava occupando di scoprire a chi appartenessero questi piccoli impianti. È durante queste ricerche che von Walther si è imbattuto nella Stein an Stein GmbH e in Petra Anna Windt.

L’inizio di tutto sta proprio qui.

Una semplice ricerca nell’annuario online dell’Agraria di Vienna svela che Maximilian Rainer e Petra Anna Windt hanno concluso gli studi nello stesso istituto e nello stesso semestre. Un estratto del registro della Camera di commercio austriaca e i bilanci della Stein an Stein GmbH chiariscono che la centrale non c’entra assolutamente nulla né finanziariamente né imprenditorialmente nel portafoglio della piccola società di posa di pietre. Nel corso della ricerca si infittiscono gli indizi che questa transazione sia quantomeno sospetta.

In questa mattina di ottobre del 2009 Rainer risponde brevemente alle mie domande. Il direttore generale di SEL, ancora ammantato da prestigio e onore, alterna consapevolmente una finta amichevolezza all’arroganza che lo contraddistingue. Rainer si mostra piuttosto sicuro del fatto suo. Alla domanda se Petra Windt sia una testa di legno dietro la quale si nasconde proprio lui, risponde visibilmente irritato:

“Ho rivisto Petra Windt per la prima volta quando ha acquistato la centrale e lei stessa ha dovuto ricordarmi che abbiamo studiato assieme.”

Durante la mezz’ora del nostro colloquio Rainer tiene più volte a chiarire in modo inequivocabile un concetto: sarebbe bene evitare ogni accusa, altrimenti scatterà la querela. “Attento a ciò che scrivi. Ho buoni avvocati” afferma testualmente. Ma, non appena il direttore di SEL si accorge che l’intimidazione non ha su di me alcun effetto, pone fine alla conversazione.

L’articolo

Il 22 ottobre 2009 la Neue Südtiroler Tageszeitung pubblica, con il titolo “Il mosaico di Mezzaselva”, un articolo di due pagine. Solo in seguito diverrà chiaro che l’articolo svela esattamente l’impalcatura di quello che successivamente anche davanti al tribunale verrà identificato come lo “scandalo Stein an Stein”. Ma sono in realtà le risposte che in quell’occasione mi diede Rainer a risultare oggi più che illuminanti. Perciò riportiamo qui l’articolo esattamente così come fu pubblicato all’epoca.

“È un gioco. È un’arte. Ed è un mestiere vecchio migliaia di anni. Si mette una pietra accanto all’altra [in tedesco Stein an Stein, n.d.t.]. Le pietre accostate singolarmente non dicono molto. Ma correttamente ordinate costituiscono un mosaico. Alla fine emerge un disegno. Un disegno forse (ancora) sfuocato, ma che ritrae un affare economico al confine fra politica e interessi privati. Un affare accompagnato da una serie di curiose coincidenze. Il risultato è chiaro. Alla fine di tutto c’è un affare milionario.

La frazione di Mezzaselva è legata a filo doppio con la storia di una famiglia. Per oltre un secolo i von Pretz hanno scritto la storia economica di un territorio che si estende ben oltre i confini della frazione di Fortezza. Dagli anni trenta del secolo scorso fra i consistenti possedimenti della famiglia entrarono a far parte anche due centrali idroelettriche. Per decenni non fu solo la fabbrica di cartone dei von Pretz a trarre energia ed elettricità dagli impianti. Dopo diversi tentativi della famiglia di ottenerne l’ampliamento, sempre respinti dalla Provincia, a metà degli anni novanta le due centrali vennero vendute. La più grande fu acquistata dalla Parcheggi Italia Spa.

L’azienda dell’imprenditore viennese Johann Breiteneder è specializzata a livello internazionale nella costruzione e nella gestione di parcheggi in autosilo. La filiale italiana con sede a Milano possiede e gestisce parcheggi in molte città italiane, anche a Bolzano. Nelle sue mani c’è, per dirne una, il parcheggio di piazza Walther.

Negli anni novanta l’impresa fondò una nuova società controllata, che iniziò a operare nel settore energetico acquistando diverse piccole centrali, una in provincia di Varese e l’altra, appunto, a Mezzaselva.

L’impianto sull’Isarco era però irrimediabilmente obsoleto. Perciò nel 1999 l’impresa avanzò richiesta agli uffici provinciali competenti per ristrutturare e ampliare l’intero fabbricato. Il 20 settembre 2000 il progetto venne però bocciato dalla conferenza dei direttori d’ufficio a causa di un parere negativo della ripartizione Opere idrauliche.

Dopo il fallimento di altri tentativi di ampliamento o di ristrutturazione, l’impresa decise di vendere a sua volta la centrale. Per cercare un acquirente nel 2006 contattò per iscritto gli operatori energetici locali. SEL Spa manifestò interesse all’acquisto. Il direttore Maximilian Rainer intraprese le trattative per il passaggio di proprietà, facendo anche commissionare da SEL una stima della centrale stessa. Alla fine però le trattative fallirono ugualmente. ‘L’idea di prezzo nostra e quella del venditore erano in rapporto di uno a dieci’ è la spiegazione di Maximilian Rainer per motivare la rinuncia all’acquisto. Il 12 aprile 2007 la centrale di Mezzaselva cambiò comunque proprietario. Il prezzo si attestò su una cifra di poco inferiore ai 200.000 euro. A comprare fu Stein an Stein Italia Srl. L’impresa con un capitale sociale di 15.000 euro era stata fondata a Bolzano appena sette settimane prima. Stein an Stein Italia Srl è controllata al 100 % dalla Stein an Stein Natur- und Systemsteinverlegungen GmbH. Si tratta di una ditta con sede a Vienna che si occupa della posa di piastrelle e lastricati, operativa principalmente fra Vienna, Bassa Austria e Burgenland.

L’impresa conta una sola dipendente. Secondo un estratto del Tribunale delle imprese impiega 20 lavoratori e nel 2007 ha avuto un giro d’affari di 312.938,47 euro e nel 2008 è arrivata a 404.982,73 euro. Il guadagno di questi anni si attestava rispettivamente sui 47.088 e 54.572 euro. L’interesse della piccola impresa al mercato altoatesino delle centrali, che ne supera di gran lunga il volume d’affari annuo, sembra avere origine da una circostanza privata. La viennese Stein an Stein GmbH appartiene al 100 % all’ingegner Petra Windt. Windt è anche dirigente dell’impresa, guidata dall’amministratrice Monika Otto. L’occupazione principale di Otto è nell’amministrazione di un importante e rinomato studio di commercialisti di Vienna.

Petra Windt è però anche una vecchia conoscenza del direttore di SEL Maximilian Rainer. Negli anni ottanta entrambi hanno studiato insieme all’Università Agraria di Vienna. Entrambi hanno studiato Agronomia ed Economia idrica ed entrambi si sono laureati nel 1988. All’epoca le donne erano un’eccezione alla facoltà di Agricoltura. ‘Ho concluso il mio percorso di studi come nona donna nei cento anni di storia della facoltà’ scrive Petra Windt nel proprio curriculum. ‘È vero, ci conosciamo dai tempi dell’università’ confermerà in seguito anche Maximilian Rainer.

Secondo informazioni della Tageszeitung sarebbe stato il direttore di SEL a contattare l’imprenditrice viennese, che in Alto Adige acquistò poi la centrale di Mezzaselva dopo il fallimento delle trattative di Breiteneder con SEL. Maximilian Rainer contesta fermamente questa accusa. ‘Non è assolutamente vero’ afferma, e precisa: ‘Non ho più visto Petra Windt per 25 anni dopo la fine degli studi.’ Solo dopo l’acquisto della centrale i due si sarebbero incontrati nuovamente. ‘Ha perfino dovuto essere lei a ricordarmi che abbiamo studiato insieme’ spiega Rainer.

La vita è piena di coincidenze. Quando Petra Windt il 21 febbraio 2008 fonda la Stein an Stein Italia Srl ne pone la sede a Bolzano, in via Grappoli 50, dove si trova ancora oggi. Si tratta dell’ufficio di consulenti finanziari associati Schweitzer, Crazzolara, Prast. I tre rinomati consulenti finanziari e revisori dei conti sono anche consulenti ufficiali di SEL. Paul Schweitzer ricopre non solo il ruolo di presidente del consiglio di vigilanza della controllata di SEL che gestisce la centrale di teleriscaldamento di Chiusa, ma affianca SEL in occasione di molteplici trattative economiche.

Paul Schweitzer è anche il commercialista della Stein an Stein Italia Srl, che ha anche la sede nel suo studio. Non è frequente che un professionista lavori contemporaneamente per due imprese concorrenti nello stesso settore, ma per SEL questo non sembra costituire un grosso problema.

Petra Windt non rimane però a lungo da sola a possedere la centrale di Mezzaselva. Sei mesi dopo l’acquisto entra in gioco un nuovo partner. Il 10 luglio 2007 viene fondata a Innsbruck la EVB Energie Verwaltungs- und Beteiligungs-GmbH. Proprietario e dirigente della società, che presenta un capitale iniziale di 35.000 euro, è il consulente finanziario di Lienz Martin Kofler. Kofler fra il 1998 e il 2004 non è stato solo sindaco per l’ÖVP – il Partito Popolare Austriaco – del suo comune di residenza, Heinfels; a Lienz Kofler lavora come consulente finanziario ed è partner di una società fiduciaria internazionale. La EVB Energie Verwaltungs- und Beteiligungs-GmbH con sede nello studio di Kofler acquista il 31 agosto 2007 il 30 % della Stein an Stein Italia Srl. In questo modo un terzo della centrale finisce nelle mani di un fiduciante del Tirolo dell’Est. La centrale produce energia a ranghi ridotti, perciò gli incassi sono minimali. Il bilancio della Stein an Stein Italia Srl per l’anno d’esercizio 2008 dichiara infatti un profitto di 35.781,35 euro. La centrale non ha peraltro un futuro radioso davanti a sé. L’impianto, irrimediabilmente obsoleto, ha assoluto bisogno di una ristrutturazione generale. Si parla di una spesa di alcuni milioni di euro. Poiché negli ultimi anni però la proposta di ampliamento è sempre stata bocciata dagli uffici provinciali, si tratterebbe di una spesa che, lasciando invariata l’attuale produzione, l’azienda non riuscirebbe ad ammortizzare. È esattamente questo il motivo per cui i precedenti proprietari si sono liberati presto dell’impianto.

Al più tardi dopo il transito delle quote verso il Tirolo dell’Est emerge però una domanda. Perché due imprese di Vienna e del Tirolo dell’Est si interessano di una piccola centrale idroelettrica altoatesina, che di fatto è un flop? Anche qui è una coincidenza a fornire la risposta.

La linea della giunta provinciale in materia di costruzione di centrali è chiara. Ovunque in provincia vale una massima: meglio agevolare la costruzione di poche centrali di grandi dimensioni, piuttosto che quella di molte centrali di piccole dimensioni. Questa linea viene propagata e messa in pratica in lungo e in largo dalla giunta provinciale su tutto il territorio altoatesino e, quando possibile, attuata anche dalla società energetica provinciale SEL.

Con un’evidente eccezione. La giunta ha posto sotto tutela l’Isarco fra Mules e il bacino artificiale di Fortezza. Ciò significa che qui non è possibile costruire alcuna grande centrale. Stupisce tuttavia che nello stesso provvedimento siano autorizzati esplicitamente l’esistenza di piccole centrali e il loro ampliamento. Su questo tratto esistono già infatti alcuni piccoli impianti. Fra questi anche quello di Mezzaselva.

Si tratta di un escamotage legale che interessa anche la Stein an Stein Italia. C’è però un grosso problema, ossia la montagna di progetti di centrali e le richieste di concessioni esistenti. Nella maggior parte dei casi la Provincia continua però a procrastinare il verdetto. Anche in questo caso interviene una curiosa coincidenza. In genere, dopo la bocciatura da parte della conferenza dei direttori d’ufficio, tutte le domande di concessioni o ampliamenti finiscono in archivio. Secondo la legge provinciale di riferimento, dopo cinque anni le istanze decadono. Se dopo la scadenza di questo termine un promotore è ancora intenzionato a realizzare il progetto, deve presentare una nuova istanza e ricominciare l’iter dall’inizio.

Tranne nel caso in cui si chiami Stein an Stein. Il caso vuole infatti che il progetto respinto nel 2000 non sia mai stato archiviato.

Così la Stein an Stein Italia Srl l’anno scorso ha presentato un progetto completamente nuovo per l’ammodernamento e l’ampliamento della centrale di Mezzaselva. Poiché il procedimento non è mai stato archiviato dall’ufficio Elettrificazione, i tecnici classificano il nuovo progetto come prosecuzione del dossier del 2000 e lo trattano in questi termini. Ma quando la conferenza dei servizi per l’ambiente il 22 maggio 2009 decide sull’ampliamento della centrale, l’istanza viene nuovamente bocciata. L’impegnativo e costoso progetto (si parla di diversi milioni di euro) non si attiene, secondo i tecnici dell’ufficio, alle linee guida dettate dalla Provincia. I direttori d’ufficio mettono così in chiaro che quello presentato è un progetto completamente nuovo e che la ristrutturazione prospettata contrasta in molti punti con le leggi provinciali vigenti.

Il 18 giugno 2009 la Stein an Stein Italia Srl presenta ricorso, così come previsto dalla legge. La conferenza dei servizi consegna alla giunta un elenco di motivazioni secondo le quali il progetto va bocciato. Il massimo organo politico altoatesino prende però una decisione di segno opposto. Nella seduta del 24 agosto 2009 la giunta provinciale accoglie il ricorso della Stein an Stein Srl dando così disco verde all’ampliamento e alla ristrutturazione della centrale di Mezzaselva.

Inizia così per l’azienda di posa di piastrelle viennese e per il fiduciante del Tirolo dell’Est un affare milionario. La nuova centrale costa alcuni milioni di euro ma si tratta di un investimento in grado di ripagarsi ampiamente. La potenza nominale della centrale verrà infatti raddoppiata e raggiungerà un megawatt di potenza. Considerati i ricavi derivanti dai certificati verdi ed elevato così il prezzo di vendita dell’energia, alla fine la centrale produrrà elettricità per un valore di 1,2 milioni di euro l’anno. Nei primi quindici anni di esercizio rimangono perciò in tasca al proprietario come guadagno netto fra gli 800.000 e i 900.000 euro. In questo modo la spesa per la centrale si è presto ripagata. L’affare però funziona anche nel caso in cui venga costruita la grande centrale sull’Isarco. In questo caso il concessionario per la grande derivazione deve acquisire (sottendere) la piccola centrale. Il che significa che pagherà annualmente il prezzo dell’intera energia prodotta al piccolo concessionario.”

La reazione

Dopo la pubblicazione dell’articolo si scatenano due reazioni ed entrambe assumono col passare del tempo un retrogusto particolare. Maximilian Rainer mi fa comunicare di aver fatto analizzare l’articolo dai suoi avvocati. Questi sono però giunti alla conclusione che non vi è alcun punto querelabile. Ancora più interessante è però un incontro con il presidente del consiglio dei revisori di SEL, Franz Pircher. Quando chiedo conto a Pircher di quanto riferito nell’articolo, reagisce nel suo modo ironico e particolare. Mi dice di aver scoperto per la prima volta grazie a me quanti soldi si possano fare con una piccola centrale idroelettrica. Dice di essere intenzionato a mettersi immediatamente in contatto con il consulente finanziario del Tirolo dell’Est Martin Kofler per acquistare le sue quote della centrale. Solo diversi anni più tardi si scoprirà che questa frase non era una battuta. In quel momento l’affare era già stato concluso.

Reazioni ufficiali all’articolo però non ce ne sono. Come è frequente in Alto Adige, ottengo da un lato complimenti discreti per la storia della Stein an Stein, ma per i più la materia scotta troppo. La vicenda non viene ripresa da alcun media altoatesino né alcun politico sembra intenzionato ad approfondirla. Il silenzio è una tattica molto diffusa che viene messa in pratica anche in questa occasione. Per due anni il tema rimane nel dimenticatoio. Se qualcuno all’epoca mi avesse detto che questa storia sarebbe diventata il punto nodale del più grande scandalo politico del secondo dopoguerra in Alto Adige, gli avrei dato un unico consiglio: gli avrei detto di farsi curare.

SEnza Limiti

“Il direttore di SEL partecipa alle riunioni del CdA con funzione consultiva.”

Statuto sociale di SEL Spa (settembre 1998)

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Nel primo pomeriggio del 5 novembre 1998 nella sala riunioni al piano terra di Palazzo Widmann, sede della giunta provinciale altoatesina, si incontrano cinque uomini. Davanti al notaio bolzanino Herald Kleewein compaiono l’assessore provinciale Michl Laimer e i sindaci Hans Zelger (Nova Ponente), Wilfried Battisti-Matscher (Caldaro) e Toni Innerhofer (Campo Tures), per firmare lo statuto costitutivo di una nuova società.

La società con l’altisonante nome “Società Elettrica Altoatesina per Azioni”, abbreviato in SEL Spa, ha un capitale sociale di 40,015 miliardi di lire (circa 20 milioni di euro) divisi in 40.015 azioni del valore di un milione di lire ciascuna. Ciascuno dei tre comuni sottoscrive l’acquisto di cinque azioni della nuova società, la Provincia acquisisce le restanti 40.000.

Nel corso degli anni la struttura societaria di SEL cambia pochissimo. Qualche tempo dopo viene creata SELFIN Srl, che serve per far entrare nel capitale sociale i comuni. SELFIN Srl, cui partecipano 102 comuni altoatesini e quattro comunità comprensoriali dell’Alto Adige (Bassa Atesina, Val Pusteria, Valle Isarco e Val di Vizze), detiene oggi il 6,12 % di SEL. Il 93,88 % appartiene invece alla Provincia Autonoma di Bolzano.

Le decisioni politiche che portarono alla fondazione della nuova società erano state prese già nei mesi precedenti. Il 29 giugno 1998 la giunta decreta la nascita della nuova società energetica provinciale, e il 10 luglio 1998 la riunione plenaria del Consorzio dei comuni sottoscrive la relativa convenzione con Palazzo Widmann. Il 28 settembre 1998 la giunta stabilisce lo statuto di SEL e delega l’assessore provinciale all’Energia Michl Laimer a fondare la nuova società.

Al momento della creazione viene nominato anche il collegio dei revisori dei conti composto da tre persone: il consulente finanziario pusterese Franz Pircher sarà il presidente, e sarà affiancato dal generale della Guardia di Finanza in pensione Mario Biddiri e dal sindaco di Nova Ponente, all’epoca presidente del Consorzio dei comuni, Hans Zelger. La sede legale – secondo l’atto costitutivo – si trova nell’ufficio dell’assessore Michl Laimer. Nell’atto costitutivo viene nominato amministratore unico l’allora capo ripartizione di Laimer, Maximilian Rainer. Solo sei mesi più tardi saranno nominati un consiglio di amministrazione e il primo presidente di SEL nella persona di Michl Laimer.

Michl Laimer e Maximilian Rainer sono le due persone che determineranno il destino della società energetica per i successivi quindici anni. Nel bene e nel male. E sono sempre Rainer e Laimer che faranno del sogno altoatesino dell’energia un incubo politico.

I due protagonisti

Michl Laimer diventa assessore nel 1994 ad appena ventinove anni. È il più giovane assessore nella storia dell’Alto Adige che fino a quel momento abbia avuto un posto in giunta. Nato nel 1965, Laimer si diploma al Vinzentinum di Bressanone e frequenta la facoltà di Giurisprudenza a Innsbruck. Dopo neanche sei mesi di lavoro come giurista della direzione generale della Provincia, nell’ottobre 1993 viene eletto in consiglio provinciale per la Svp. Neanche quattro mesi dopo il dimesso giurista siede in giunta provinciale.